L’«inganno» di Alan Sokal
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         I pensatori «postmoderni» mancano di rigore
         e di cultura scientifica? Per saperlo,
         un fisico americano ha fatto un esperimento
         
         di Pierre Thuillier     or from  Thuillier here?   or, securely without constant renaming, from  my archive.
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         LE SCIENZE n. 349, settembre 1997
           "La pigrizia e l’impostura 
         intellettuale vanno denunciate
         ovunque si trovino." 
         Questa è la giustificazione fornita dal fisico
         Alan Sokal, dell'Università di New
         York, dopo essersi permesso un 
         brillante scherzo che ha fatto versare fiumi di
         inchiostro. Ricordiamo i fatti.
           Nel maggio 1996, la rivista americana «Social Text» pubblica un articolo
         di Sokal dal titolo reboante: Violare le
         frontiere: verso un’ermeneutica trasformatrice della gravità quantistica.
         Uno degli obiettivi apparenti di quell’articolo è quello di rimettere in 
         discussione i fondamenti della scienza ortodossa.
           Il razionalismo occidentale è riuscito
         a imporre un «dogma»: esiste un mondo
         esterno di cui è possibile scoprire progressivamente le leggi. Ora, afferma
         Sokal, diversi studi revisionisti, feniministi e post-strutturalisti
         hanno ridotto a
         mal partito quella fiducia, mostrando
         che la realtà fisica è essenzialmente
         «una costruzione sociale e linguistica».
         La scienza moderna, dunque, ha solo
         una «facciata d’oggettività» e i privilegi
         epistemologici accordati al «preteso metodo scientifico» non 
         sono meritati.
           Stando all’articolo, si
         dovrebbe smettere di venerare il «concetto di 
         verità» e, anzi, sbarazzarsene. Si potrebbe così
         dar vita a una nuova
         scienza, finalmente «postmoderna» e 
          «liberatrice». Non solo si farebbero saltare le barriere
         che separano ancora gli
         scienziati dal grande
         pubblico, ma «si depurerebbe l’insegnamento
         delle scienze e della matematica dalle loro caratteristiche
           autoritarie ed elitarie».
           Vi si introdurrebbero, in compenso,
         idee mutuate dai sostenitori del femminismo, dell’omosessualità, del 
         multiculturalismo e dell’ecologismo. Sokal animette che sarebbe difficile 
         immaginare l’aspetto del nuovo «albero della scienza»,
         ma nella sua conclusione azzarda comunque la previsione seguente: la teoria
         del caos, in quanto capace di gettare luce
         «sul misterioso fenomeno della non linearità, occuperebbe una posizione 
           centrale in tutta la matematica futura».
           Per sostenere le sue affermazioni
         Sokal, da una parte, rimanda alla gravità quantistica, «questa nuova branca
         della fisica in cui si trovano contemporaneamente sintetizzate e superate la
         meccanica quantistica di Heisenberg e
         la relatività generale di Einstein»; dall’altra, cita una moltitudine di 
         intellettuali che praticano la filosofia,
         la sociologia della scienza o i cultural studies
         (una riflessione di tipo umanistico sui
         grandi problemi socioculturali). Adottando il loro linguaggio, Sokal procede
         a una vasta «decostruzione» del pensiero scientifico, rimettendo radicalmente
         in dubbio le conoscenze più consolidate. Non senza abilità letteraria, scrive
         per esempio: «Così il gruppo d’invarianza infinito-dimensionale erode la
         distinzione tra osservatore e osservato;
         il π di Euclide e il g di Newton, un
         tempo considerati costanti e universali,
         sono ora visti nella loro ineluttabile storicità». O ancora, imperturbabile, 
       propone questo criterio «epistemologico»:
         «Le grandezze o gli oggetti che sono in
         linea di principio inosservabili - come i
         punti dello spazio-tempo, le posizioni
         esatte delle particelle o i quark e i gluoni - non dovrebbero essere introdotti
         nella teoria». Di passaggio, segnala uno
         degli inconvenienti di questa innovazione: essa esclude dalla scienza «gran
         parte della fisica moderna» ...
         
         
         UNA PREVARICAZIONE A FIN DI BENE?   
         
           In questo modo comincia l’affaire.
         Perché, quasi nello stesso momento,
         Sokal pubblica su un’altra rivista americana, «Lingua Franca», un secondo
         articolo in cui rivela di aver inscenato
         una parodia, un affastellamento deliberato di enunciati 
         approssimativi, fantasiosi, falsi o addirittura assurdi.
         Precisando che le citazioni di autori postmoderni erano
         rigorosamente esatte, il nostro buontempone confessa
         di avere imbastito una pseudodimostrazione del tutto inconsistente.
         In realtà, si trattava di un esperimento: «Una
         rivista di punta consacrata ai Cultural Studies
         pubblicherebbe un articolo infarcito di assurdità: 
            a) se avesse un certo stile,
            b) se fosse compiacente verso i presupposti ideologici della redazione? 
         La risposta, purtroppo, è sì». Di conseguenza, non
         si può che deplorare «l’arroganza intelettuale» e la mancanza di rigore dei
         teorici della rivista.
         Sokal si chiede in particolare perché la
         redazione non abbia ritenuto utile consultare un fisico,
         cosa che avrebbe consentito di evitare banali trappole. Per
         esempio, la teoria dei numeri complessi
         era presentata come «una branca recente
         e ancora del tutto congetturale della fisica matematica» 
         (i numeri complessi vennero introdotti nel Rinascimento e Gauss
         diede a essi l’attuale statuto matematico
         negli anni trenta del secolo scorso).
         O ancora, Sokal aveva parlato della «vittoria» della cibernetica
         sulla meccanica quantistica... Una vittoria, evidentemente, 
         del tutto immaginaria. La cibernetica
            è una disciplina specifica che non ha in
            alcun modo l’obiettivo di soppiantare la
            meccanica quantistica. Al massimo, il
            grande pubblico può considerarla più
            prestigiosa. Un comitato di redazione attento non avrebbe mai lasciato passare
            affermazioni così bizzarre; e, anche senza l’aiuto di esperti,
            si sarebbe reso conto
            dell’estrema debolezza di certe argomentazioni. Come credere, per esempio, che
            gli ultimi sviluppi della meccanica quantistica abbiano confermato 
            le teorie psicoanalitiche di Jacques Lacan?
              Sokal riconosce che il suo 
            esperimento solleva una questione etica. La comunicazione tra intellettuali
            avviene sulla base della fiducia
            e, in questo caso, vi è stato un
            inganno deliberato. In definitiva, egli si affida a una giustificazione 
            di tipo politico. Sostenendo di appartenere
            anch’egli alla «sinistra», lamenta che una certa sinistra
            americana tradisca gli ideali
            progressisti legandosi a quello che egli definisce 
            «relativismo epistemico»; in altri 
            termini, che rinunci a distinguere il falso dal vero e getti il
            discredito sulla scienza. Non
            è ricadendo nell’oscurantismo, dichiara Sokal, che si
            lotterà contro l’AIDS o contro il riscaldamento del clima.
            È come condurre una riflessione critica in economia o in
            politica se si abbandona il lume dell’intelletto?
              «Social Text» ha avuto i suoi problemi a difendersi.
            Sui mezzi di informazione, dal «New York Times» a
            «Physics Today», si sono moltiplicati gli articoli che si
            ponevano la domanda: Sokal aveva fatto bene a mettere in piedi una
         simile mistificazione? Anche in Francia il caso ha suscitato vivaci polemiche. In
         «Le Monde» del 3 gennaio 1997, il sociologo Denis Duclos ha rimproverato al
         fisico americano e ai suoi accoliti di essere «pistoleri della correttezza
          intellettuale» e di indulgere ad «autodafé simbolici»,
          nello stesso tempo cinici e stupidi, deplorandone in particolare lo 
          «sciovinismo antieuropeo».
          Su questo punto specifico, però, è difficile essere d’accordo. 
         È vero che molti
         europei, e in particolare molti francesi, sono presi di mira, ma è altrettanto
         vero che sono messi in causa anche numerosi autori americani. Gli europei non sono
         criticati per la loro nazionalità, ma perché hanno utilizzato in modo maldestro,
         erroneo o arbitrario enunciati scientifici male assimilati, e perché hanno
         esercitato una grande influenza sulla «nuova sinistra» americana.
         Il vero bersaglio è il
         postmodernismo, vale a dire una corrente di pensiero che, secondo Sokal, manca
         totalmente di rigore intellettuale.
          Gli esperti di scienze umane hanno certamente il diritto di fare
          riferimenti alle scienze «dure», ma a patto di evitare
         impostare. Se uno psicologo o un linguista pretende di condurre argomentazioni
         «serie» sulla base della topologia, allora deve informarsi in modo 
         altrettanto «serio» su questa branca della matematica.
          D’altra parte, per sostenere la sua critica, Sokal ha trovato un alleato europeo
         in Jean Bricmont, professore di fisica teorica all’Università cattolica di
         Lovanio. Insieme stanno per pubblicare un libro che dovrebbe intitolarsi:
         Le imposture scientifiche dei filosofi (post)moderni.
         La loro intenzione è quella di analizzare
         minuziosamente diversi testi postmoderni al fine di mettere in luce i
         «recuperi» e i «travisamenti» del teorema di Gödel,
         della dinamica dei fluidi, delle relazioni
         di Heisenberg e di diverse altre teorie.
         
         
         RELATIVISMO MODERATO
         E RELATIVISMO RADICALE
         
          Per importante che sia, questa è solo
         un’operazione iniziale di sgombero del
         terreno. Il problema principale, secondo
         lo stesso Sokal, riguarda il relativismo
         ostentato dai postmoderni. Ricordiamo
         che, nella sua forma estrema, questa dottrina afferma che tutte le conoscenze si
         equivalgono: la scienza, nonostante le
         sue pretese, è solo una tra le tante forme
         di conoscenza e non si colloca quindi al
         di sopra della magia, dell’astrologia o
         della religione. In altri termini, le «teorie
         scientifiche» non sono altro che costruzioni elaborate a partire da qualche 
         presupposto arbitrario e in funzione di interessi economici, sociali, politici
         o culturali. Alcuni «sociologi della scienza»
         non esitano a dirlo in termini brutali: le
         scienze non esistono. Non ci sono teorie,
         ma solo rapporti di forza. Almeno in certi ambienti intellettuali, affermazioni di
         questo tipo conoscono una grande popolarità.
         È necessario capire bene qual è il
         risultato di questa posizione:
         il concetto stesso di scienza è
         svuotato di contenuto.
          È appena il caso di dire
         che questa «sociologia» ha
         sollevato innumerevoli discussioni. È ragionevole, per
         esempio, svuotare di significato tutta l’attività sperimentale dei
         fisici e dei biologi, e sostenere che il «vero» e il
         «falso» si manifestano allo
         stesso modo (vale a dire sociologicamente)? Se ne può
         dubitare, come fa Sokal. Il suo giudizio, d’altra parte,
         non è così netto come si potrebbe credere di primo 
         accinto. Per cogliere correttamente il suo pensiero, è utile
         distinguere, all’interno del
         relativismo, le forme moderate da quelle radicali.
          In effetti, ben prima che la nuova «sociologia della
         scienza» diventasse di moda, numerosi filosofi e storici della scienza avevano
         osservato come il funzionamento del «metodo sperimentale» sia molto più
         complesso e molto meno trasparente di
         quanto sostenuto da una certa tradizione. Molti uomini di scienza hanno essi
         stessi spiegato, a volte con spirito, che
         la pura razionalità non basta per spiegare il successo delle teorie. Max Planck,
         premio Nobel per la fisica nel 1918,
         scriveva nella sua Autobiografia:
         «Nelle scienze, una verità nuova non arriva
         mai a trionfare convincendo gli avversari e portandoli a vedere la luce, ma
         piuttosto perché alla fine quegli avversari muoiono e matura una nuova 
         generazione a cui quella verità è familiare».
          Anche nelle scienze ci sono mode,
         pressioni sociali, travisamenti vari dovuti
         a cause altrettanto varie: una pubblicazione 
         precipitosa di risultati scarsamente
         confermati, la «dimenticanza» più o meno voluta di certi fatti scomodi, piccoli o
         grandi imbrogli eccetera. Inoltre è diventato piùo meno chiaro che ogni 
         teorizzazione mette in campo scelte e presupposti suscettibili di essere
         contestati e modificati. È quello che si potrebbe chiamare
         relativismo moderato: mette in evidenza 
         i limiti della «scienza» ma si guarda bene dal negare radicalmente la sua
         speciflcità e la sua efficacia cognitiva.
          Pur mantenendo una certa distanza, Sokal fa larghe concessioni a questa
         forma di relativismo. In un testo posteriore alla sua parodia, per esempio, ha
         dichiarato che sarebbe ingiusto criticare
         indistintamente tutti i relativisti. Alcuni di loro hanno abbastanza buon senso
         per riconoscere che certi enunciati empirici hanno valore oggettivo, e 
         formulano nei confronti di molte teorie critiche degne di essere prese
         in considerazione. Sokal ammette ugualmente che
         lo scetticismo, a condizione d’essere «informato», ha una funzione positiva.
         Ciò che rifiuta è il relativismo radicale.
         Nel contempo poco rigorosi e ipercritici, i sostenitori di questa dottrina 
         finiscono per svalutare non solo la scienza,
         ma anche le norme elementari del lavoro intellettuale (rigore, coerenza, 
         verifica delle informazioni eccetera).
          Torniamo così al progetto iniziale di Sokal: stabilire «sperimentalmente» che
         un intero settore della sinistra americana
         si è smarrito nel postmodernismo. Pur
         non avendo propriamente dimostrato la
         pericolosità politica di questa deriva, si
         direbbe che sia quanto meno riuscito a
         svelare le debolezze e anche la vacuità di
         un certo tipo di produzioni intellettuali.
         Si può sperare che, sulle due sponde dell’Atlantico, 
         le divagazioni pseudoscientifiche dei postnioderni si facciano sempre
         più rare. Rimangono tuttavia aperte alcune importanti questioni:
         sarebbe spiacevole se certe affermazioni di Sokal le facessero dimenticare.  
         
          A diverse riprese, per esempio, egli
         ha affermato che non si dovevano mischiare le questioni epistemologiche con
         quelle etiche, le questioni di fatto con
         quelle relative ai valori. L’idea è certamente giusta, almeno se vuole dire che
         non si deve condannare una teoria scientifica con il pretesto che
         è stata utilizzata
         dall’esercito o dalle imprese capitalistiche ... 
         Sokal non nega peraltro la necessità di interrogarsi sul funzionamento
         sociale della scienza. Nel corso della
         controversia con «Social Text» ha affermato con estrema chiarezza:
         «La scienza e la tecnologia sollevano centinaia di
         importanti questioni politiche ed economiche. D’altra parte, la sociologia della
         scienza, nella sua forma migliore, ha contribuito grandemente a chiarirle». 
         I presupposti filosofici sui quali poggiano
         le diverse discipline possono, evidentemente, costituire oggetto di discussione.
         In breve, la denuncia dei trucchi intellettuali non implica in alcun modo un
         annullamento dello spirito critico in politica e in filosofia,
         fosse anche solo a proposito di scienza.
          In linea di principio, non avrebbero
         dovuto esserci malintesi; in concreto, invece, lo scompiglio provocato
         dall’affaire non ha sempre favorito il dialogo e la
         lucidità. Bisogna animetterlo: l’«esperimento» di Sokal si rivela 
         pedagogicamente efficace, ma è brutale e rischia di
         provocare un irrigidimento. Come mostrano le reazioni di alcuni rappresentanti
         delle scienze sociali, è stato sentito a volte come un’aggressione e addirittura
         un umiliazione. Si spiega in questo modo il riflesso di difesa di Duclos: «Non è
         certo perché una rivista di scienze sociali
         cade nella trappola di alcuni errori di fisica che le questioni sociali cessano di
         avere una loro radicale autonomia».
          Più in generale, l’inganno di Sokal ha
         potuto far temere il ritorno di un certo
         «terrorismo» scientista: la scienza, sola
         detentrice del vero, dovrebbe essere considerata da tutti e in tutti i campi come
         l’autorità suprema... Un tale progetto, diciamolo con fermezza, non corrisponde
         certamente alle intenzioni di Sokal. Egli
         non chiede un’idolatria della scienza; si
         augura solo che i postmoderni rinuncino
         al loro lassismo intellettuale.
  
       
         
           PIERRE THUILLIER, filosofo e storico della scienza,
           per molti anni redattore della rivista «La Recherche», insegna
         attualmente all’Università di Parigi VII.
         
           THUILLIER PIERRE, La revanche des
         sorcières. L ‘irrationel et la pensée
         scientzfique, Èditions Belin, 1997.
           Ulteriori informazioni sull’affaire Sokal si possono reperire sul sito Web:
         http://www.physics.nyu.edu/facuity/sokal/index.html
        
 
               
          
    
 
                          
         
         
         
    
                               
        
        
        
              
                   
                   
         
         
                           
               Last updated : June 25, 2003 - 20:47 CET